Gandhi

“Quando dici qualcosa di giusto o fai qualcosa di buono, prima ti ignorano, poi ti deridono, poi ti combattono infine… vinci” (Gandhi)

mercoledì 12 dicembre 2012

Nel Medioevo ci fu una super tempesta solare. E se si ripetesse ora?

Un fenomeno decine di volte peggiore di tutti quelli mai registrati sarebbe avvenuto nell'anno 774. Se accedesse nel nostro mondo dipendente dall'energia, sarebbe un disastro

Sabrina Pieragostini
C'è una notizia buona e una cattiva. Quella buona è che la scienza è riuscita a trovare la chiave per capire uno stranissimo fenomeno avvenuto nel buio Medioevo- l'improvviso e colossale aumento di C14 nell'atmosfera. Fino a qualche mese fa sembrava inspiegabile e ora invece è stata trovata una spiegazione molto plausibile. La notizia cattiva, però,  è che ad aver prodotto quell'evento straordinario sembra sia stata una tempesta solare decine di volte peggiore di quanto mai registrato. E se è già successo, può ripetersi ancora.
Un'equipe giapponese, analizzando gli anelli dei tronchi di cedri plurisecolari, aveva trovato- in concomitanza con gli anni 774/775- un anomalo incremento di isotopi radioattivi di C14. Essi si formano quando una radiazione altamente energetica colpisce il livello più alto dell'atmosfera: si producono neutroni che scontrandosi con l'Azoto 14 lo fanno decadere in Carbonio14. Una reazione che avviene continuamente e che spiega la continua presenza di questo elemento che viene metabolizzato dagli esseri viventi- piante, animali ed esseri umani.
Ma in quel periodo preciso dell'alto Medioevo accadde qualcosa di non consueto, perchè gli alberi rivelano che in quel breve lasso di tempo la concentrazione di C14 aumentò dell'1,2 %. Una quantità enorme, pari a circa 20 volte il livello normale. Quindi- deducevano gli scienziati giapponesi- doveva essersi verificata un'emissione di energia davvero massiccia, in grado di giustificare quell'impennata eccezionale.
Nella loro studio pubblicato su Nature, gli studiosi nipponici avevano scartato tutte le ipotesi: non poteva essere stata  l'esplosione di una supernova perchè la luce, fortissima e visibile anche in pieno giorno, sarebbe stata considerata un fatto prodigioso e gli storici dell'epoca ne avrebbero sicuramente scritto ( invece non ne compare menzione), così come non poteva essere stata una gigantesca tempesta solare, perchè avrebbe prodotto le aurore boreali più spettacolari della storia anche a latitudini meridionali (di cui però, ugualmente, non si parla nelle cronache del tempo) oltre che danni profondi alla fascia dell'ozono con conseguenze devastanti per l'ambiente.
Ma un loro collega americano è convinto che si siano sbagliati. Adriam Melott, fisico presso l'Università del Kansas a Lawrence, pensa infatti che l'equipe di Nagoya abbia valutato in modo errato effetti e caratteristiche di una spaventosa emissione di massa coronale dal Sole, probabile vera causa di quel picco enorme di C14. Il problema, sostiene Melott, è che essi considerano le tempeste solari come "lampadine" che irradiano la loro energia uniformemente in ogni direzione. Invece esse producono grumi di plasma che può esplodere in modo del tutto incontrollato, imprevedibile ed unidirezionale.
Partendo da questo presupposto, la dimensione della tempesta solare in grado di produrre l'evento verificatosi nell' VIII secolo non deve essere stata mille volte più grande di quanto mai registrato- eventualità ritenuta impossibile dal team giapponese- ma ne basterebbe una soltanto (si fa per dire...) 10-20 volte maggiore. La spiegazione esclusa nei mesi scorsi diventa , così, assolutamente accettabile e credibile.
Non solo. Il telescopio spaziale Kepler ha scoperto che stelle simili al Sole producono emissioni di plasma di questa entità con un intervallo compreso tra alcuni secoli e 1.000 anni. "Ciò non significa, ovviamente, che succeda lo stesso anche per il nostro astro, ma suggerisce che tempeste del genere siano comunque possibili", afferma il fisico americano.
Anche Melott ritiene improbabile l'altra ipotesi- l'esplosione della supernova. "Un evento del genere avrebbe dovuto essere davvero molto intenso.  Si sarebbe vista una luce brillante nel cielo, anche più della luna piena. E sarebbe durata per mesi. Non poteva di sicuro sfuggire all'osservazione di tutti i popoli della Terra".
Ma se davvero il fenomeno del 774-775 è stato provocato da un'eruzione di plasma solare di dimensioni pazzesche, allora non c'è da star sereni... Basti pensare che la tempesta solare che nel 1989 mandò in tilt la centrale elettrica che distribuiva energia al nord-est del Canada, lasciando il Quebec al buio per 9 ore durante un  rigido marzo, era circa 60 volte meno potente.
Proviamo a chiudere gli occhi. Immaginiamo un flare 60 volte più forte che colpisce non il mondo semplice e rurale di 12 secoli fa, ma il nostro, tecnologico e completamente dipendente dall'energia elettrica. Tanto più sviluppato e tanto più vulnerabile. Oggi, quella stessa tempesta solare dell'VIII secolo provocherebbe danni inenarrabili in un vertiginoso effetto a catena. "Il blackout potrebbe durare mesi o anche oltre- conferma Melott- e molta gente morirebbe".
Già. In ogni palazzo, si spegnerebbe il riscaldamento, non arriverebbe più l'acqua potabile, non funzionerebbero gli ascensori e nessun tipo di elettrodomestico. Il cibo nei frigoriferi deperirebbe in pochi giorni e non ne troveremmo di fresco nei negozi, perchè anche i trasporti si fermerebbero: subito quelli su rotaia, poi quelli su gomma e gli aerei. Finirebbe presto la benzina e ogni tipo di carburante, mentre il petrolio non potrebbe essere più nè estratto nè raffinato.
Si esaurirebbero anche i gruppi elettrogeni negli ospedali. I malati non potrebbero più essere curati, operati, ossigenati. Nelle città al buio con la gente alla fame e spaventata scoppierebbero disordini. Criminali e normali cittadini assalterebbero banche o supermercati. Sarebbe il caos ovunque, specie nei Pesi più ricchi che si ritroverebbero all'improvviso senza nulla.
Uno scenario da film apocalittico? Stando a quanto dice la scienza- e non qualche pazzo visionario- forse è un'eventualità meno improbabile di quanto non vorremmo credere.
www.extremamente.it

venerdì 7 dicembre 2012

Nibiru. Un pianeta smarrito

Secondo uno studio realizzato da David Nesvory, ricercatore del Southwest Reaserch Institute del Colorado, il sistema solare una volta aveva cinque pianeti giganti gassosi invece dei quattro che conosciamo oggi. Lo studioso è giunto a questa conclusione grazie a una simulazione al computer dell'evoluzione del sistema solare primordiale. I risultati dell'elaborazione suggeriscono che il quinto pianeta gigante è stato scagliato fuori dalla sua orbita circa 4,5 miliardi di anni fa, dopo un violento incontro con la forza gravitazionale di Giove.
Gli astronomi hanno lottato per decenni per spiegare l'attuale struttura del sistema solare. In particolare, Urano e Nettuno, secondo l'attuale modello che spiega la formazione dei sistemi planetari, non avrebbe potuto formarsi nella posizione in cui si trovano attualmente, dato che il disco di gas primordiale ai margini del sistema solare sarebbe stato troppo sottile per consentirne l'aggregazione in pianeti. Lo scenario più probabile è che i pianeti si siano formati più vicini l'uno all'altro, e solo dopo la loro formazione le interazioni gravitazionali hanno fatto assumere a ciascuno la sua posizione attorno al sole. Le orbite strette di sistemi planetari extrasolari supportano questa idea.
sistema-solare-primordiale.jpg
La simulazione al computer ha svelato che 4,5 miliardi di anni fa, nel sistema solare primordiale, c'era un grande caos. I pianeti si erano da poco formati, ed erano sottoposti a un bombardamento continuo da parte della materia residua della nebulosa solare da cui si erano formati. Poi, uno dei pianeti sarebbe stato "espulso" dalla propria orbita a causa delle perturbazioni gravitazionali prodotte da Giove, il pianeta più massiccio del sistema solare. Questa "carambola" cosmica, avrebbe generato anche un'altra conseguenza: un avvicinamento al Sole da parte di Giove e un allontanamento di Urano e Nettuno. Il "pianeta perduto" potrebbe essere il leggendario Nibiru o Decimo Pianeta (Planet X) che i ricercatori stanno cercando da anni?
Ipotesi Nibiru

martedì 4 dicembre 2012

combattere l'acidità per combattere il cancro

Le nuove ricerche sull'efficacia del bicarbonato di sodio e di altri composti con proprietà anti-acide nella cura e regressione delle malattie tumorali

un interessante articolo di Valerio Pignatta tratto da Scienza&Conoscenza.
Cancro, combattere l'acidità

Molti studi danno ormai per certo che un ph sanguigno molto acido favorisce le infiammazioni nell'organismo e crea terreno fertile per malattie degenerative come il cancro.

Altri studi dicono che in caso di insorgenza di tumore, rendere il sangue molto alcalino toglie energie alle cellule neoplastiche portando anche alla regressione della malattia.

*     *     *

In apertura potete vedere dei limoni che, al contrario di quanto spesso viene ritenuto, non sono per l'organismo umano un nutrimento acido. Infatti, quando il succo del limone entra in contatto con i succhi gastrici dello stomaco, diventa alcalino.

Un bel limone la mattina, può essere un buon modo per iniziare la giornata.

Glutatione - il più potente Antiossidante

martedì 27 novembre 2012

Particelle solari mutano la materia sulla Terra: Lo strano caso di brillamenti solari e di elementi radioattivi


Quando i ricercatori hanno scoperto un legame insolito tra brillamenti solari e la variazione della costante di decadimento degli elementi radioattivi sulla Terra é partita una ricerca scientifica che potrebbe finire per riscrivere alcune delle leggi della fisica.
E’ un mistero che si è presentato inaspettatamente: Il decadimento radioattivo di alcuni elementi nei laboratori sulla Terra sembrava essere influenzato dall’attività solare, a 150 milioni di chilometri.



http://silentobserver68.blogspot.com/2012/11/particelle-solari-mutano-la-materia.html
Peter Sturrock
Com'è possibile?


I ricercatori dell’ Università di Stanford e di Purdue credono che sia davvero possibile. Ma la loro spiegazione di come ciò possa avvenire é un altro mistero.

C’è la possibilità che questo effetto inaspettato sia causato da una particella sconosciuta emessa dal sole. 



“Sarebbe davvero notevole”, ha detto il professore Peter Sturrock, professore emerito di fisica applicata della Stanford, esperto di fisica solare.  



La storia inizia, in un certo senso, nelle aule di tutto il mondo, dove si insegna agli studenti che il tasso di decadimento di uno specifico materiale radioattivo è costante. 



Questa proprietà degli isotopi radioattivi, è utilizzata per esempio, dagli antropologi per datare manufatti antichi con il carbonio-14, oppure quando i medici devono calibrare la giusta dose di radioattività per curare i malati di cancro.


venerdì 16 novembre 2012

La frequenza vibrazionale degli alimenti


L’ing. francese Andrè Simoneton era un esperto in elettromagnetismo. Gravemente ammalato e senza speranza di guarigione, riacquistò la salute con il vegetarianismo e, negli anni ’30 e ’40, collaborò allo studio delle vibrazioni degli alimenti utilizzando i lavori di altri importanti ricercatori.
Ogni alimento, come ogni essere vivente, oltre ad avere un potere calorico (chimico-energetico) ha anche unpotere elettromagnetico (vibrazionale). Servendosi di apparecchiature scientifiche, misurò la quantità di onde elettromagnetiche degli alimenti, classificandoli in base a queste.

Il PH e i segreti per un corpo sano e pieno di energia



Il corpo umano potrebbe tranquillamente arrivare ai 120 anni eppure nessuno riesce a raggiungere questa veneranda età. Le cause di questo, se escludiamo gravi patologie, possono essere collegate al pH. L’equilibrio del pH è la chiave per vivere una vita sana e piena di energia. I concetti di salute e guarigione si basano sulla nozione di equilibrio. Si è in equilibrio soltanto quando, internamente, c’è equilibrio tra acidità e alcalinità. Questo equilibrio è l’equilibrio più cruciale dell’organismo ed è essenziale per garantire salute, energia e vitalità.
Tutte le reazioni, che definiscono le condizioni essenziali di un ambiente in cui la “vita” sia possibile, si svolgono nell’ambito di  determinati valori, tra questi il più importante è il rapporto acido/basico. All’interno del nostro organismo questo rapporto dovrebbe sempre rimanere costante, si possono però creare delle condizioni troppo acide oppure troppo basiche.
Per misurare il rapporto acido/basico viene utilizzato un termine di paragone chiamato “pH”. Nel campo medico, il pH viene utilizzato per misurare il liquidi organici ed in particolare il sangue, la saliva e l’urina.
Il pH misura l’acidità o l’alcalinità di una soluzione liquido. La scala acido-alcalina va dallo 0 (estremamente acido) al 14 (estremamente alcalino), col neutro al punto 7.
Ogni punto in più o in meno equivale a un incremento di 10 volte, per cui l’acidità di un pH a livello 5 è 10 volte più alta dell’acidità di un pH a livello 6.
Per una buona salute questo rapporto tra acidità e alcalinità dovrebbe sempre rimanere costante, sebbene possono verificarsi condizioni troppo acide (situazione assai frequente) o troppo basiche (condizione abbastanza rara).

giovedì 8 novembre 2012

La causa primaria del Cancro scoperta nel 1931


Una notizia che ha dell’incredibile: la causa principale del cancro è stata ufficialmente scoperta decenni fa da uno scienziato premio nobel per la medicina nel 1931.
E da allora nulla è stato fatto in base a tale conseguimento, se non continuare a raccoglierein tutto il mondo soldi per la ricerca, attraverso associazioni come ad esempio l’italiana AIRC.
Quando la causa primaria del cancro era già conosciuta.
Pochissime persone in tutto il mondo lo sanno, perché questo fatto è nascosto dall’industria farmaceutica e alimentare.
Nel 1931 lo scienziato tedesco Otto Heinrich Warburg ha ricevuto il Premio Nobel per la scoperta sulla causa primaria di cancro.
Proprio così. Ha trovato la causa primaria del cancro e ha vinto il Premio Nobel.
Otto ha scoperto che il cancro è il risultato di un potere anti-fisiologico e di uno stile di vita anti-fisiologico.
Perché? Poiché sia con uno stile anti-fisiologico nutrizionale (dieta basata su cibi acidificanti) e l’inattività fisica, il corpo crea un ambiente acido (nel caso di inattività, per una cattiva ossigenazione delle cellule).
L’acidosi cellulare causa l’espulsione dell’ossigeno. La mancanza di ossigeno nelle cellule crea un ambiente acido.
Egli ha detto: “La mancanza di ossigeno e l’acidità sono due facce della stessa medaglia: Se una persona ha uno, ha anche l’altro”.
Cioè, se una persona ha eccesso di acidità, quindi automaticamente avrà mancanza di ossigeno nel suo sistema. Se manca l’ossigeno, avrete acidità nel vostro corpo.
Egli ha anche detto: “Le sostanze acide respingono ossigeno, a differenza delle alcaline che attirano ossigeno.”
Cioè, un ambiente acido è un ambiente senza ossigeno.
Egli ha dichiarato: “Privando una cellula del 35% del suo ossigeno per 48 ore e’ possibile convertirla in un cancro”.
“Tutte le cellule normali hanno il bisogno assoluto di ossigeno, ma le cellule tumorali possono vivere senza di esso”(Una regola senza eccezioni.)
“I tessuti tumorali sono acidi, mentre i tessuti sani sono alcalini.”

mercoledì 7 novembre 2012

Le scoperte di Nicola Tesla volutamente occultate all'intera umanita'

Già 116 anni fa c’era la visione di un mondo con l’energia pulita e libera o free energy, gratuita da non misurare con un contatore per poi mandare una bolletta da pagare a ogni singolo cittadino. In questa visione era contemplata la libertà dal giogo delle multinazionali, un nuovo modo di vivere in un mondo moderno con l’energia fornita liberamente da Madre Terra.

L’oligarchia economica di allora, sostanzialmente la stessa di adesso, non volle assolutamente rinunciare ai suoi stratosferici profitti che provenivano dall’imporre ad ogni cittadino di pagare una quota per cucinare, illuminare la sua casa, scaldarsi, lavarsi, viaggiare, in definitiva per vivere nel mondo civilizzato.
Per mantenere il suo strapotere non esitò ad impiegare ogni mezzo per screditare, annientare economicamente e moralmente l’uomo che costituiva una reale minaccia per i suoi profitti indiscriminati, anche se quello stesso uomo avrebbe potuto rendere il mondo di allora assai migliore e anche per tutte le generazioni a venire.
Quell’uomo è il genio Nikola Tesla, che brevettò invenzioni che hanno comunque cambiato il mondo e morì solo e in miseria in una stanza di albergo. 
Molte delle sue invenzioni stanno riemergendo e sono in grado di migliorare ulteriormente la tecnologia del nostro tempo.
Nikola Tesla è stato un fisico, inventore e ingegnere serbo naturalizzato statunitense nel 1891, nato a Smilijan il 10 Luglio del 1856 e morto a New York il 7 Gennaio del 1943.
è conosciuto soprattutto per il suo rivoluzionario lavoro e i suoi numerosi contributi nel campo dell'elettromagnetismo tra la fine dell'Ottocento e gli inizi del Novecento.
I suoi brevetti e il suo lavoro teorico formano la base del moderno sistema elettrico a corrente alternata (CA), compresa la distribuzione elettrica polifase e i motori a corrente alternata, con i quali ha contribuito alla nascita della seconda rivoluzione industriale.
Negli Stati Uniti Tesla fu tra gli scienziati e inventori più famosi, anche nella cultura popolare. Dopo la sua dimostrazione di comunicazione senza fili (radio) nel 1893, e dopo essere stato il vincitore della cosiddetta "guerra delle correnti" insieme a George Westinghouse contro Thomas Alva Edison, fu riconosciuto come uno dei più grandi ingegneri elettrici statunitensi. Molti dei suoi primi studi si rivelarono anticipatori della moderna ingegneria elettrica e diverse sue invenzioni rappresentarono importanti innovazioni.
Le scoperte di Tesla furono realmente rivoluzionarie per l’epoca e incredibilmente moderne. Alcune di esse avrebbero, se realizzate, cambiato completamente il volto del mondo garantendo energia pulita e gratuitamente a tutta l’umanità già oltre un secolo fa, risolvendo molti dei problemi ambientali e di accesso alle risorse a cui assistiamo oggi.
In che modo? Sfruttando l’etere come fonte e veicolo di energia.


Il DNA può essere riparato dalla canapa


I ricercatori sostengono che se non venisse consumato nessun altro cibo, la canapa potrebbe sostenere una vita umana per un paio di mesi senza avere carenze nutrizionali.


Infatti la proteina della canapa è stata utilizzata in Europa durante le epidemie di tubercolosi per far regredire il processo di deperimento causato dalla malattia.

I semi di canapa sono un cibo altamente nutriente che contiene antiossidanti, proteine, carotene, fitosteroli, fosfolipidi, così come un certo numero di minerali tra cui calcio, magnesio, zolfo, potassio, ferro, zinco e fosforo.

I semi contengono inoltre vitamina A, B1, B2, B3, B6, C, D ed E.

Hanno un alto contenuto di proteine di cui il 65% Edestina e il 35% Albumina.

In questo super-cibo sono presenti anche gli acidi omega 3 e 6 in rapporto perfetto di 3 a 1 e tutti gli otto aminoacidi essenziali più due condizionatamente essenziali.

Perché gli aminoacidi sono importanti?

Un essere umano ha bisogno di 21 aminoacidi per sopravvivere: otto sono essenziali e devono essere ottenuti da alimenti, due sono condizionatamente essenziali e possono essere sintetizzati se tutti gli otto aminoacidi essenziali sono consumati.

Gli aminoacidi intervengono nella sintesi proteica necessaria per far fronte ai processi di rinnovamento cellulare dell'organismo. Le cellule non possono funzionare correttamente se il DNA è danneggiato, tuttavia le cellule possono, attraverso processi chimici, riparare il danno.

L'olio e i semi di canapa possono contribuire alla riparazione del DNA in virtù del loro alto contenuto di Edestina che è la proteina più vicina alla globulina umana, che si trova nel plasma sanguigno, ed è inoltre facilmente digeribile dal nostro organismo. La proteina è un fattore importante nella riparazione del DNA poiché le cellule utilizzano le proteine per correggere i danni del DNA.

“Nessun alimento vegetale può essere paragonato ai semi di canapa per quanto riguarda il valore nutritivo. Mezzo chilo di semi di canapa, fornisce tutte le proteine, gli acidi grassi essenziali e la fibra necessari alla vita umana per due settimane”.

Dott. Uso Erasmus da Fats that Heals, Fats that Kill, Alive Books, 1993.

Tratto da: http://www.ecplanet.com/node/3627

lunedì 5 novembre 2012

Il ritorno della grande aurora

(La versione originale di questo articolo è stata pubblicata su "Le Scienze", n.482, ottobre 2008)

Nel 1859 una tempesta solare di incredibile violenza fece impazzire i telegrafi di mezzo mondo. Se un simile evento si ripetesse oggi, le conseguenze per la nostra civiltà tecnologica sarebbero ben più drammatiche. di Sten F. Odenwald e James L. Green



Domenica 28 agosto 1859, mentre sulle Americhe calava la notte, apparvero le fantasmagoriche luci delle aurore. Dal Maine alla punta della Florida, vivide cortine luminose invasero il cielo. Gli abitanti di Cuba videro con stupore le aurore proprio sopra di loro; i diari di bordo delle navi che si trovavano nei pressi dell’equatore descrivono luci cremisi che si innalzavano fino a metà della volta celeste.

In tutto il mondo, gli strumenti scientifici che registravano pazientemente piccole variazioni del magnetismo terrestre balzarono di colpo fuori scala, e correnti elettriche spurie si generarono nelle linee telegrafiche. A Baltimora gli operatori del telegrafo impiegarono 14 ore, dalle 22.00 alle 10.00 del giorno dopo, per trasmettere un notiziario di 400 parole.

Il giovedì successivo, 1° settembre, l’astronomo inglese Richard C. Carrington stava disegnando un gruppo di macchie solari davvero insolito, incuriosito dall’enorme estensione delle aree scure. Alle 11.18, osservò un intenso lampo di luce bianca che proveniva da gruppo di macchie. Lo spettacolo durò solo 5 minuti; 17 ore più tardi, nel continente americano, una seconda ondata di aurore trasformò la notte in giorno fino alla latitudine di Panama. La luce cremisi e verde era abbastanza intensa da permettere di leggere il giornale. I minatori delle Montagne Rocciose si alzarono e fecero colazione all’una di notte, pensando che fosse sorto il Sole in una giornata nuvolosa. Le linee telegrafiche di tutta Europa e Nord America divennero inutilizzabili.

La stampa cercò qualche scienziato in grado di spiegare quello che stava accadendo, ma all’epoca

le conoscenze dei fenomeni aurorali erano scarse. Si ipotizzava che fossero dovuti a materiale meteoritico proveniente dallo spazio, alla luce riflessa da iceberg delle regioni polari o a lampi di alta quota. Fu proprio la «Grande Aurora» del 1859 a inaugurare un nuovo paradigma. Nel numero di «Scientific American» del 15 ottobre di quell’anno si leggeva che «ormai è pienamente dimostrata una connessione tra le luci del nord e le forze dell’elettricità e del magnetismo». Da allora la ricerca ha appurato che i fenomeni aurorali sono generati da eventi solari di grande intensità, che emettono enormi nubi di plasma e perturbano temporaneamente il campo magnetico del nostro pianeta.

Secondo alcuni ricercatori, le nostre attuali capacità di previsione del meteo spaziale sono confrontabili con le previsioni del tempo atmosferico degli anni cinquanta

L’impatto della tempesta del 1859 non fu molto pesante: la civiltà tecnologica era ancora agli albori. Ma se un evento simile si ripetesse oggi, potrebbe danneggiare gravemente i satelliti, interrompere le comunicazioni radio e provocare blackout elettrici su interi continenti che richiederebbero diverse settimane per essere riparati. Fortunatamente, tempeste solari di quella entità si verificano in media una volta ogni 500 anni; ma fenomeni con intensità pari alla metà di quella dell’evento del 1859 si verificano ogni 50 anni circa. L’ultimo, avvenuto il 13 novembre 1960, provocò perturbazioni geomagnetiche e interruzioni delle comunicazioni radio in tutto il mondo. Secondo alcune stime, se non ci prepareremo opportunamente, i costi diretti e indiretti di una futura supertempesta solare potrebbero eguagliare quelli di un grande uragano o terremoto.

La tempesta (solare) perfetta
Il numero di macchie solari, così come altri segni dell’attività magnetica solare, aumenta e diminuisce seguendo un ciclo di 11 anni. Quello in corso è iniziato lo scorso gennaio; nei prossimi 5-6 anni l’attività solare crescerà rispetto alla relativa quiete attuale. Negli 11 anni precedenti, dalla superficie solare sono stati emessi 21.000 brillamenti e 13.000 nubi di gas ionizzato, o plasma. Questi fenomeni, chiamati collettivamente tempeste solari, sono dovuti all’incessante turbolenza del gas che costituisce la nostra stella. Per certi aspetti, si tratta di versioni ingigantite delle tempeste terrestri, con l’importante differenza che i gas solari sono pervasi da campi magnetici che li modellano e infondono loro energia. I brillamenti sono analoghi ai fulmini: sono eruzioni di particelle ad alta energia e di raggi X di grande intensità, dovuti a variazioni del campo magnetico a scala relativamente piccola per lo standard solare, con ampiezza di alcune migliaia di chilometri. Le cosiddette espulsioni di massa coronale (CME) sono paragonabili agli uragani: si tratta di colossali bolle magnetiche, con diametro di milioni di chilometri, che scagliano nello spazio nubi di plasma con massa di miliardi di tonnellate a una velocità di alcuni milioni di chilometri all’ora. 
 La maggior parte di queste tempeste produce solo aurore nei cieli delle alte latitudini: l’equivalente di un modesto temporale pomeridiano. Di tanto in tanto, però, il Sole scatena un uragano. Nessun essere umano vivente ha mai assistito a un’autentica supertempesta solare, ma segni di questi fenomeni sono stati scoperti in luoghi sorprendenti.

Nelle carote di ghiaccio prelevate in Groenlandia e in Antartide, sono stati scoperti picchi della concentrazione di gas nitrati intrappolati, che negli ultimi decenni sembrano associati a eruzioni documentate di particelle solari. Un picco corrispondente al 1859 si distingue dagli altri perché è il più grande degli ultimi 500 anni, e ha un’intensità quasi equivalente alla somma di tutti gli eventi principali degli ultimi 40 anni.
Per quanto violentissima, la supertempesta del 1859 non è qualitativamente diversa dagli eventi minori. Insieme ad altri ricercatori, abbiamo ricostruito quello che accadde basandoci su cronache dell’epoca e su misurazioni satellitari di tempeste più lievi degli ultimi decenni.

1. Avvisaglie di tempesta. Le condizioni che prepararono la supertempesta del 1859 si manifestarono intorno al picco del ciclo solare con la comparsa sul Sole di un grande gruppo di macchie in posizione quasi equatoriale. Le macchie erano così estese che astronomi come Carrington riuscirono a osservarle a occhio nudo (naturalmente con opportune protezioni). Al momento dell’emissione della prima CME, questo gruppo di macchie fronteggiava la Terra, collocando il nostro pianeta al centro nel mirino. Tuttavia, non è necessario che la mira del Sole sia così precisa. Quando una CME arriva all’altezza dell’orbita terrestre, generalmente si è espansa fino a un’ampiezza di circa 50 milioni di chilometri, migliaia di volte più del diametro del nostro pianeta.

2. La prima eruzione. La supertempesta emise non una, ma due CME. La prima potrebbe aver impiegato le usuali 40-60 ore per raggiungere la Terra. I dati magnetometrici del 1859 fanno pensare che il campo magnetico del plasma espulso avesse una conformazione elicoidale. Quando colpì la Terra, il campo puntava verso nord. Con questo orientamento, rafforzò il campo magnetico del nostro pianeta, e questo ne minimizzò gli effetti. La CME compresse la magnetosfera terrestre – la regione dello spazio in cui il campo magnetico del nostro pianeta prevale su quello solare – e fu registrata dalle stazioni magnetometriche al suolo come un improvviso prodromo di tempesta, nel gergo degli studiosi del Sole. Per il resto, passò inosservata. Tuttavia, mentre il plasma oltrepassava la Terra, il suo campo magnetico ruotò lentamente. Dopo 15 ore risultò opposto, anziché concorde, a quello terrestre, mettendo a contatto le linee di forza orientate verso nord del campo del nostro pianeta con quelle orientate verso sud del campo del plasma. A questo punto vi fu una riconnessione delle linee di forza in una configurazione più semplice, che liberò enormi quantità di energia. È questo il momento in cui iniziarono i disturbi alle comunicazioni via telegrafo e i fenomeni aurorali. In un giorno o due il plasma oltrepassò la Terra e il campo geomagnetico tornò alla normalità.
 3. Il brillamento X. Le CME più violente tipicamente coincidono con uno o più brillamenti di grande intensità, e la supertempesta del 1859 non fece eccezione. Il brillamento nel visibile osservato il 1° settembre implicava temperature di quasi 50 milioni di kelvin. E di conseguenza, emise con ogni probabilità non solo radiazione visibile, ma anche raggi X e gamma. Fu il brillamento solare più luminoso mai registrato, il che testimonia la liberazione di quantità di energia colossali nell’atmosfera solare. La radiazione raggiunse la Terra alla velocità della luce, in 8,5 minuti, anticipando di parecchio la seconda CME. Se all’epoca fossero esistite le radio a onde corte, la deposizione di energia nella ionosfera (lo strato di gas ionizzati ad alta quota che riflette le onde radio) le avrebbe messe fuori uso. L’energia dei raggi X inoltre riscaldò l’alta atmosfera e la fece espandere di decine o addirittura centinaia di chilometri.

4. La seconda eruzione. Prima che il plasma del normale vento solare avesse il tempo di riempire la cavità formata dal passaggio della prima CME, il Sole emise una seconda CME che, non incontrando quasi alcun ostacolo, raggiunse la Terra in appena 17 ore. Questa volta il campo magnetico della CME era orientato verso sud al momento del contatto e il caos geomagnetico fu immediato. La sua violenza fu tale da comprimere la magnetosfera terrestre, che normalmente si estende per circa 60.000 chilometri, fino a soli 7000 chilometri o forse addirittura fino a respingerla all’interno dell’alta stratosfera. Le fasce di radiazione di Van Allen che circondano la Terra furono temporaneamente eliminate, e quantità gigantesche di protoni ed elettroni furono depositate nell’alta atmosfera. Queste particelle potrebbero spiegare le intense aurore rosse osservate in molte parti del mondo.

5. Protoni ad alta energia. Il brillamento solare e le intense CME provocarono l’emissione di protoni accelerati fino a energie pari o superiori a 30 milioni di elettronvolt. Nelle zone artiche, dove la protezione del campo magnetico terrestre è minore, queste particelle penetrarono fino a una quota di 50 chilometri e depositarono ulteriore energia nella ionosfera. Secondo Brian C. Thomas della Washburn University, la pioggia di protoni associata alla supertempesta del 1859 ridusse l’ozono della stratosfera del cinque per cento: furono necessari quattro anni perché lo strato di ozono tornasse alla normalità. I protoni con energie più elevate, superiori a un miliardo di elettronvolt, reagirono con i nuclei degli atomi di azoto e ossigeno dell’atmosfera, generando neutroni e dando origine alle anomalie nell’abbondanza dei nitrati. Una pioggia di neutroni raggiunse il suolo in quello che oggi viene chiamato «evento di superficie», ma allora non esistevano tecnologie in grado di rilevare il fenomeno. Fortunatamente, non era pericolosa per la salute.

6. Correnti elettriche colossali.
Via via che le aurore si diffondevano dalle alte latitudini verso quelle più basse, le correnti elettriche ionosferiche e aurorali che le accompagnavano indussero nel suolo intense correnti elettriche a scala continentale, che penetrarono nei circuiti dei telegrafi. Scariche di eccezionale potenza provocarono casi di folgorazione e, secondo le cronache, causarono l’incendio di parecchie stazioni telegrafiche.
Se vi fosse una supertempesta, i satelliti in orbita bassa correrebbero un notevole rischio di bruciare nell’atmosfera entro settimane o mesi

Satelliti alla brace
Quando avverrà di nuovo una grande tempesta geomagnetica, le prime vittime saranno i satelliti. Anche in circostanze normali, le particelle dei raggi cosmici erodono i pannelli solari e riducono la generazione di energia del due per cento circa all’anno e interferiscono con i circuiti elettronici. Molti satelliti per comunicazioni, come Anik E1 ed E2 nel 1991 e Telstar 401 nel 1997, sono stati danneggiati o addirittura perduti in questo modo. Una grande tempesta solare può «invecchiare» un satellite di 1-3 anni in poche ore, provocando centinaia di anomalie, da comandi erronei ma innocui fino a scariche elettrostatiche distruttive.

Per capire che cosa potrebbe accadere ai satelliti, abbiamo simulato 1000 supertempeste, con intensità variabile da quella dell’evento più grave dell’era spaziale (avvenuto il 20 ottobre 1989) a quella del 1859. È risultato che le tempeste produrrebbero significative perdite economiche: il costo totale, in molti scenari, sarebbe superiore a 20 miliardi di dollari. E questo presupponendo che al momento del lancio dei satelliti siano stati previsti di un’ampia capacità di riserva dei transponder e di un margine di sicurezza del dieci per cento per l’energia. Con ipotesi meno ottimistiche, le perdite si avvicinerebbero a 70 miliardi di dollari, più o meno le entrate di un anno di tutti i satelliti per comunicazioni.

Fortunatamente i satelliti per comunicazioni in orbita geosincrona sono molto resistenti nei confronti di eventi a cadenza decennale, e la loro vita operativa è aumentata dai 5 anni circa del 1980 ai quasi 17 anni di oggi. Per aumentare la produzione di energia e ridurre la massa, i pannelli solari in silicio sono stati sostituiti con altri in arseniuro di gallio e germanio, ottenendo così anche una migliore resistenza a danni prodotti dai raggi cosmici. Inoltre gli operatori satellitari ricevono le previsioni su possibili tempeste solari diffuse dalla National Oceanic and Atmospheric Administration (NOAA), e quindi possono evitare di far compiere ai satelliti manovre complesse quando c’è una tempesta in arrivo. Queste strategie potrebbero senz’altro ridurre l’impatto di un evento a grande scala. Per rendere i satelliti ancora più robusti, è possibile installare scudi più spessi, abbassare il voltaggio dei pannelli solari per diminuire il rischio di scariche elettrostatiche incontrollate, aggiungere ulteriori sistemi di backup e rendere il software meno suscettibile alla corruzione di dati.

 Altri effetti di una supertempesta sono però più difficili da sventare. La deposizione di energia da parte dei raggi X provoca l’espansione dell’atmosfera, aumentando l’attrito sui satelliti in orbita a quote inferiori a 600 chilometri. Il satellite giapponese ASCA incontrò simili condizioni nel corso della tempesta del 14 luglio 2000, che scatenò una serie di problemi di assetto e di perdite di potenza che alcuni mesi dopo ne provocarono il rientro anticipato. Se vi fosse una supertempesta, i satelliti in orbita bassa correrebbero un notevole rischio di bruciare nell’atmosfera entro alcune settimane o mesi dall’evento.

Le luci si spengono
I satelliti, comunque, sono stati progettati per funzionare a dispetto dei capricci della meteorologia spaziale. Le linee di distribuzione elettrica, viceversa, sono fragili anche nelle condizioni migliori; si stima che ogni anno l’economia statunitense perda circa 80 miliardi di dollari a causa di cali di corrente e blackout locali.

Durante una tempesta solare, si manifestano problemi del tutto nuovi. I grandi trasformatori sono messi a terra elettricamente e quindi suscettibili di danni causati da correnti continue geomagneticamente indotte. Queste correnti fluiscono nel trasformatore da cavi collegati al suolo e possono provocare picchi di temperatura di 200 gradi centigradi o più negli avvolgimenti, causando la vaporizzazione del liquido di raffreddamento e arrostendo letteralmente il trasformatore. E anche se quest’ultimo riesce a evitare un simile destino, la corrente indotta può saturare il nucleo magnetico durante una metà del ciclo della corrente alternata, distorcendo le forme d’onda a 50 o 60 hertz. Una parte della corrente è trasformata in frequenze che i dispositivi elettrici non sono in grado di filtrare ed eliminare. Anziché ronzare a una tonalità pura, i trasformatori comincerebbero a balbettare e strillare. E poiché una tempesta magnetica influenza i trasformatori su scala continentale, è probabile che si verifichi in breve tempo un collasso della regolazione di tensione su più reti nazionali. I sistemi per la distribuzione di energia elettrica funzionano con un margine di sicurezza così ridotto che non occorrerebbe molto per sopraffarli.

Secondo gli studi di John G. Kappenman della Metatech Corporation, se oggi avvenisse una tempesta magnetica come quella del 15 maggio 1921, causerebbe un blackout su metà del Nord America. Una tempesta molto più violenta, come quella del 1859, potrebbe rendere inutilizzabile l’intera rete elettrica. Anche altre zone industrializzate sono vulnerabili, ma il Nord America è più a rischio per la sua vicinanza al Polo Nord magnetico. A causa dei danni fisici ai trasformatori, per riparare o sostituire tutti i componenti guasti potrebbero occorrere settimane o addirittura mesi. Nel 2003 Kappenman dichiarò al Congresso degli Stati Uniti che «soccorrere e assistere una popolazione colpita che potrebbe essere di oltre 100 milioni di persone sarà una sfida ardua».

Una supertempesta interferirebbe anche con i segnali radio, inclusi quelli dei sistemi di navigazione satellitare. Oltre a perturbare la ionosfera, attraverso cui si propagano i segnali di temporizzazione, gli intensi brillamenti solari aumentano il rumore radio alle frequenze usate dal GPS. Ne risulterebbero errori di posizione di 50 metri o più, che renderebbero quasi inutile il sistema. Il 29 ottobre 2003, una tempesta solare bloccò il Wide Area Augmentation System, una rete radio che migliora l’accuratezza delle stime del GPS, e gli aerei di linea dovettero affidarsi ai sistemi di backup di bordo.

Le particelle ad alta energia interferiranno con le comunicazioni radio degli aerei, specialmente alle alte latitudini. La United Airlines tiene costantemente sotto controllo le condizioni meteorologiche spaziali e in diverse occasioni ha dirottato voli in rotta polare a quote e latitudini più basse per evitare interferenze radio. Una supertempesta potrebbe costringere a cambiare la rotta di centinaia di voli non solo sopra il Polo, ma in tutto il Canada e negli Stati Uniti settentrionali. Simili condizioni avverse potrebbero perdurare per una settimana.

Come prepararsi

Strano a dirsi, la crescente vulnerabilità della nostra società alle tempeste solari è accompagnata da una consapevolezza sempre più ridotta del pericolo. Analizzando il rilievo dato dai giornali alle notizie di meteorologia spaziale a partire dal 1840, abbiamo scoperto che intorno al 1950 si è verificato un cambiamento significativo. Prima di allora, le tempeste magnetiche, i brillamenti solari e i loro effetti spesso ricevevano grande attenzione, con ampi articoli in prima pagina. Per esempio, il 24 marzo 1940, il «Boston Globe» annunciava con un titolone in apertura: Tempesta magnetica colpisce gli Stati Uniti. Dagli anni cinquanta, invece, queste notizie sono sepolte nelle pagine interne.

Eppure anche le tempeste relativamente lievi hanno costi elevati. Nel 2004, Kevin Forbes, della Catholic University of Amer-ica, e Orville Chris St. Cyr, del NASA God-dard Space Flight Center, hanno analizzato l’andamento del mercato dell’energia elettrica dal 1° giugno 2000 al 31 dicembre 2001, concludendo che le tempeste solari avevano incrementato il prezzo industriale dell’elettricità di circa 500 milioni di dollari. Dal canto suo, lo U.S. Department of Defense ha stimato che i danni ai satelliti militari provocati dall’attività solare ammontano a circa 100 milioni di dollari all’anno. Inoltre, tra il 1996 e il 2005, le compagnie di assicurazione hanno speso quasi due miliardi di dollari per coprire perdite e danni di satelliti commerciali, molti dei quali dovuti a eventi meteorologici spaziali.

Avere previsioni più accurate delle tempeste solari e geomagnetiche sarebbe di grande utilità. Con un preavviso adeguato, i controllori dei satelliti possono rimandare manovre delicate e porre rimedio ad anomalie che potrebbero sfociare in emergenze critiche; le compagnie aeree potrebbero preparare in anticipo una programmazione ordinata di spostamenti delle rotte; le aziende elettriche potrebbero individuare i componenti vulnerabili delle reti e minimizzare le interruzioni del servizio.

La NASA e la National Science Foundation lavorano da tempo per migliorare le capacità predittive nel campo della meteorologia spaziale. Oggi lo Space Weather Prediction Center della NOAA fornisce bollettini quotidiani a oltre 1000 aziende private ed enti statali. Il suo budget annuale di sei milioni di dollari è ben poca cosa in confronto ai quasi 500 miliardi di entrate dalle industrie che si servono di quelle previsioni, ma la sua attività deve basarsi su satelliti progettati più per scopi di ricerca che per condurre osservazioni efficienti e a lungo termine di meteorologia spaziale.

Secondo alcuni ricercatori, le nostre attuali capacità di previsione in questo settore sono confrontabili con le previsioni del tempo atmosferico degli anni cinquanta. Dal punto di vista del monitoraggio, occorrono sonde spaziali poco costose e durevoli che rilevino le condizioni meteorologiche nello spazio usando semplici strumenti di serie. D’altra parte, sono necessari ancora molti studi per comprendere a fondo la fisica delle tempeste solari e prevederne gli effetti. Se vogliamo salvaguardare la nostra infrastruttura tecnologica, dovremo raddoppiare gli investimenti nella previsione, nella messa a punto di modelli e nella ricerca di base, in modo da poterci concretamente preparare alla prossima supertempesta solare. 

sabato 3 novembre 2012

Scoop: Un Giornale che Pubblica Notizie sulle Scie Chimiche!


Ci sono state interrogazioni parlamentari sia in Italia sia all’estero, senza alcun risultato:


Interrogazioni parlamentari in Italia:
2003, Deputato dei DS, poi UDC Italo Sandi 2003
2003, Deputato dei DS Piero Ruzzante
3 febbraio 2005, Deputato dei Comunisti Italiani Severino Galante
30 maggio 2006, Consiglieri regionali di Rifondazione comunista Davoli, Uras e Pisu Interrogano la Regione Sardegna.
13 giugno 2006, Senatore dei DS Nieddu.
8 agosto 2007, Senatore dell’UDC Ciccanti.

Interrogazioni parlamentari all’estero:
14 gennaio 1999, Risoluzione del Parlamento Europeo contro il progetto USA HAARP.
17 ottobre 2006, Interrogazione tedesca al Parlamento Europeo.
5 febbraio 2007, Interrogazione parlamentare in Grecia.
10 maggio 2007, Interrogazione olandese al Parlamento Europeo.


Ringrazio Smooth Water per la segnalazione.

Metalli pesanti nelle scie chimiche


Le analisi su residui di scie chimiche hanno trovato particelle metalliche varie e composti metallici. Questi includono alluminio, bario, cadmio, cromo, nichel, magnesio, manganese, ferro, stronzio, titanio e zinco . I metalli più frequentemente presenti sono in alluminio e bario.
Il Bario è un metallo pesante, ed i suoi composti sono molto tossici all'interno del corpo umano, la sua tossicità è simile all’avvelenamento da arsenico. Carbonato di bario e il cloruro di bario, per esempio, sono usati come veleni per topi.
Acqua potabile o aria respirabile contaminati da questi metalli, in particolare di bario, indeboliscono il sistema immunitario.
Come dimostrano alcune ricerche: tutte le modalità di attivazione delle cellule T (le cellule che il corpo utilizza per identificare e combattere gli invasori come batteri e virus) sono state bloccate con dosi di bario. Poco solubili in acqua, i sali di bario sono altamente tossici, provocando una grave carenza di potassio, la tossicità del bario avviene appena con una parte per milione in acqua potabile. Campioni di acqua piovana raccolta dopo spruzzate di scie chimiche hanno trovato concentrazioni di bario parecchie volte superiori.
Si verificano visite al pronto soccorso e negli ambulatori medici dopo irrorazioni pesanti di scie chimiche. Queste visite di solito comportano sintomi simil-influenzali e problemi respiratori. Migliaia di persone riferiscono gli stessi sintomi nello stesso momento, in diverse località spruzzate lo stesso giorno.
Quando viene inalato, il bario si asciuga e provoca danni alle mucose che rivestono il naso, trachea e polmoni. Ciò si traduce in prurito agli occhi, bruciore alla gola, tosse, asma, allergie e sangue dal naso. Respirazione continua di bario può causare una infiammazione cronica dei polmoni. Uno dei primi sintomi di intossicazione da bario (e di altri metalli pesanti) è un gusto metallico in bocca. Altri sintomi includono disturbi respiratori, pressione arteriosa elevata, rallentamento del battito cardiaco, battito cardiaco irregolare, ronzio alle orecchie, nausea, vomito, prurito, crampi muscolari, tremori muscolari e paralisi possibile.
Ma le scie chimiche contengono altre particelle tossiche che sono molto più pericolose. Si tratta di piccole fibre di plastica e silicio, queste fibre sono trasparenti o traslucide, e grandi solo un paio di micron. Sono quasi invisibili alla vista umana. Tuttavia, un breve video di Google.
Queste fibre in plastica e silicio vengono spruzzate in molte aree popolate di tutto il pianeta. Milioni di persone inalano queste fibre invisibili, le trovano nella loro acqua, e le mangiano con loro cibo. Decine di migliaia di vittime innocenti stanno sperimentando devastanti problemi fisici, mentali ed emozionali. Una nuova malattia, in parte causata dall'ingestione di queste fibre spruzzate, si sta diffondendo in tutto il pianeta. Si chiama morbo di Morgellons.
I sintomi di solito iniziano con una eruzione cutanea, pustole iniziano e scoppiano in diverse parti del corpo, queste pustole sono uniche perché trasudano piccole fibre di plastica e pus. Questa è una reazione naturale del sistema immunitario umano per cercare di espellere una sostanza estranea. Dal momento che queste fibre sono innaturali (plastica e silicio), la pelle non riesce ad espellerle in modo efficiente. Alcune fibre rimangono bloccate nei follicoli dei capelli. Altri si raggruppano sotto la pelle, alcune si dissolvono in macchie di plastica bianca o gialla. La pelle brucia o prude, compaiono graffi, si aprono lesioni e piaghe che non si rimarginano facilmente. Coloro che soffrono di questa malattia si sentono come qualcosa che striscia sotto la pelle. Le sensazioni sono snervanti e il dolore straziante. Alcuni di coloro che sono stati colpiti si sono suicidati.

2013: IL PICCO DELL’ATTIVITA’ SOLARE

Si sarà forse riferita ad una tempesta solare la profezia catastrofista dei Maya per il 2012? Difficile dirsi. Vero è che l’attività del sole nel 2012 sembra essere più intensa del solito e si farà sentire con le “tempeste solari”. E visto che una tempesta solare di potenza eccezionale, come per i terremoti dovrebbe essere il ‘Big One’ atteso in California e’ impossibile da prevedere, proprio come e’ impossibile con i sismi e la loro entita’,  un gruppo britannico del Rutherford Appleton Laboratory, ha proposto su ‘Nature’ di costruire una banca dati storica dell’attivita’ solare per avere dati statistici significativi, come si fa con i terremoti; tutto cio’ all’ inizio di un ciclo di 11 anni di ‘super-attivita” che sarebbe già iniziata quest’anno.


2013:  IL PICCO DELL’ATTIVITA’ SOLARE
Così come c’è una stagione degli uragani nei Caraibi e negli Stati Uniti, c’è una stagione delle tempeste solari, associato con il ciclo economico del nostro sole. Ci si aspetta che il picco sarà nel 2013 secondo le previsioni degli astronomi. Dopo tre anni (2006-2008) di transizione molto tranquilla l’attività solare aumenta lentamente ma inesorabilmente il suo potere, come dimostrano i segnali registrati negli ultimi mesi.



Per tutti gli scettici


Le misteriose anomalie magnetiche terrestri


La cartografia globale del campo magnetico terrestre mostra un forte minimo dell'intensità del campo in un'area, della grandezza di diversi milioni di chilometri quadrati, che si estende dall'America meridionale verso est a interessare una vasta regione di Oceano Atlantico meridionale. È la cosiddetta anomalia magneticadel sud Atlantico, una regione di considerevole attenuazione del campo magnetico terrestre rispetto al valore che si ha altrove normalmente a quelle latitudini.


Come noto il campo magnetico terrestre non consente al vento solare di giungere direttamente alla superficie del nostro pianeta che proprio a causa dello schermo formato dal campo, viene protetto dalla radiazione corpuscolare di origine solare. La regione di spazio a forma di cometa nella quale in campo è così confinato si chiama magnetosfera. Solo in certe condizioni che dipendono da alcuni parametri nel vento solare, la magnetosfera può aprirsi e consentire alla particelle del vento solare di raggiungere la nostra atmosfera.

Come noto il campo magnetico terrestre non consente al vento solare di giungere direttamente alla superficie del nostro pianeta che proprio a causa dello schermo formato dal campo, viene protetto dalla radiazione corpuscolare di origine solare. La regione di spazio a forma di cometa nella quale in campo è così confinato si chiama magnetosfera. Solo in certe condizioni che dipendono da alcuni parametri nel vento solare, la magnetosfera può aprirsi e consentire alla particelle del vento solare di raggiungere la nostra atmosfera.

L'anomalia atlantica, proprio per il basso valore del campo magnetico terrestre, rappresenta una piccola “buca” nello scudo magnetico della Terra.

Il fenomeno avviene nella fascia dell’atmosfera del nostro pianeta, chiamata ionosfera. Strato il cui settore si estende da un minimo di 80Km ad un massimo di 500Km di altezza dal suolo.

Il misterioso spostamento veloce del Polo Nord magnetico

Il Polo Nord magnetico si è spostato di 1100 chilometri in un secolo, gli scienziati ritengono che le oscillazioni, nella loro fase finale, causeranno un'altra inversione dell'asse Nord-Sud.
Il Nord magnetico si sta muovendo verso Est e potrebbe raggiungere la Siberia in un cinquantennio. È stato identificato nel 1838 e attualmente si sposta alla velocità media di 40 Km l'anno. Oggi il polo sud magnetico è in prossimità del polo nord geografico, proprio a causa della precedente inversione dei poli magnetici.

La "voragine" del campo magnetico del Sud Atlantico

E' risaputo che il campo magnetico terrestre si stà indebolendo e che recentemente il polo nord magnetico ha accelerato il suo movimento spostandosi verso la Russia.
La conseguenza dell'indebolimento del campo magnetico ha anche ripercussioni al livello del Sud Atlantico nella quale esiste un "buco" magnetico noto come anomalia del Sud Atlantico, ed il campo magnetico terrestre si sta indebolendo velocemente.




La cartografia globale del campo magnetico terrestre mostra un forte minimo dell'intensità del campo in un'area, della grandezza di diversi milioni di chilometri quadrati, che si estende dall'America meridionale verso est a interessare una vasta regione di Oceano Atlantico meridionale. È la cosiddetta anomalia magnetica del sud Atlantico, una regione di considerevole attenuazione del campo magnetico terrestre rispetto al valore che si ha altrove normalmente a quelle latitudini.
Come noto il campo magnetico terrestre non consente al vento solare di giungere direttamente alla superficie del nostro pianeta che proprio a causa dello schermo formato dal campo, viene protetto dalla radiazione corpuscolare di origine solare. La regione di spazio a forma di cometa nella quale in campo è così confinato si chiama magnetosfera.
Quello che è certo è che il campo magnetico si sta indebolendo e che le fasce di Van Allen si avvicineranno alla superficie terrestre allargando di conseguenza l'area dell'anomalia.
Questo fenomeno non solo è certo che avverrà ma stà già progressivamente continuando ogni anno.
Nei cinque anni dal 2000 al 2005, il campo magnetico è notevolmente cambiato in un paio di aree:
La zona debole del Sud Atlantico debole si è ampliata verso est. 
Nella zona del Nord Canada si è indebolito, a causa dei transiti del polo nord magnetico verso la Siberia.




Il campo magnetico terrestre si sta indebolendo


Negli ultimi 160 anni la forza del campo magnetico del nostro pianeta è calata di circa il dieci per cento

Il campo magnetico della Terra sta rapidamente diventando più debole, e i geofisici non ne capiscono il motivo. Il calo di intensità - pari a circa il 10 per cento negli ultimi 160 anni - potrebbe segnalare l'arrivo di uno degli sporadici capovolgimenti improvvisi del campo. Ma anche se si trattasse solo di un fenomeno temporaneo, uno studio presentato al convegno annuale dell'American Geophysical Union sostiene che potrebbe provocare gravi danni all'atmosfera terrestre. Il campo magnetico terrestre, che si spinge fin nello spazio con uno schema bipolare simile a quello formato dalla limatura di ferro attorno un magnete a barra, è generato dal ferro liquido in movimento nel nucleo del pianeta. Studiando le sue caratteristiche in passato, grazie alle particelle metalliche rimaste imprigionate nelle rocce vulcaniche e nei sedimenti, i geologi hanno scoperto che occasionalmente il campo magnetico si inverte: il polo nord magnetico diventa il polo sud, e viceversa. Prima e dopo questa transizione, la forza del campo ha un brusco calo. Oggi il dipolo sta indebolendosi così rapidamente che, mantenendo questa velocità, potrebbe svanire nel giro di 2000 anni. Alcuni scienziati cominciano a domandarsi se non si tratta della prima fase di un"inversione, giacché il campo è rimasto stabile per un periodo insolitamente lungo, 780.000 anni. Secondo Jeremy Bloxham dell'Università di Harvard, qualche tipo di processo nel nucleo sta evidentemente distruggendo parte del dipolo. La maggior parte del fenomeno si verifica in una zona ben precisa: l'"Anomalia Sud Atlantica", una chiazza in prossimità delle regioni meridionali dell'Africa e del Sud America dove le linee del campo magnetico emergono invertite nello spazio. Le simulazioni della circolazione nel nucleo effettuate da Bloxham indicano che simili chiazze a volte possono condurre verso inversioni in tutto il pianeta. Spesso, tuttavia, si esauriscono nel giro di pochi secoli e il nucleo ristabilisce il proprio schema normale.

La magnetosfera è un colabrodo



Nella barriera magnetica che protegge la Terra dal vento solare si aprono frequentemente grossi varchi.